Sono, da sempre, un convinto antifascista e antirazzista: la mia storia personale, non le mie parole, lo testimoniano.
Cosi come mi inquietano profondamente i sempre più incalzanti rigurgiti di intolleranza e xenofobia che macchiano la quotidianità del nostro Paese, tristemente testimoniati dall’inaccettabile presenza alle recenti elezioni politiche di partiti che si richiamavano al fascismo.
Ma, devo riconoscerlo con franchezza, la recente delibera del Consiglio comunale, pur rifacendosi ai fondamentali valori della nostra Costituzione, proprio non mi convince.
Non mi convince perché Reggio Emilia, Medaglia d’oro alla Resistenza al fascismo, è divenuta essa stessa ricettacolo di intolleranza e protervia nei confronti di chi non la pensa come coloro che la governano, pur essendo politicamente e numericamente sempre meno rilevanti.
Perchè non ci si può rifare ai principi antifascisti, inneggiare alla partecipazione attiva e nel contempo far carta straccia di mozioni sottoscritte da migliaia di cittadine e cittadini aventi ad oggetto la difesa di quegli stessi valori di cui l’antifascismo dovrebbe occuparsi attivamente: beni comuni, salute, ambiente, suolo, trasparenza.
Perchè non si può bandire ogni forma di discriminazione per applicarla nei fatti quando si tiene una tornata elettorale amministrativa, allorquando tante persone evitano di candidarsi o di esporsi per liste di opposizione, per timore delle conseguenze.
Perchè non si può inneggiare a valori fondamentali come quelli di eguaglianza per poi dispensare soprusi più o meno espliciti e odiosi come quelli subiti dalla Lista che ho avuto l’onore di rappresentare con la mia candidatura.
L’antifascismo non si enuncia: si pratica.
Altrimenti è l’ennesimo slogan della città delle persone.