8 marzo: riflessioni postume e a priori

1584942_lisistrata_8_marzo_thumb_bigE anche quest’anno l’abbiamo sfangata, se Dio vuole: l’8 marzo ce l’abbiamo ormai alle spalle, e possiamo tirare un meritato sospiro di sollievo dopo il diluvio allucinante di palline gialle vagamente olezzanti, cuoricini, spot elettorali e frasette inneggianti alla donna che chi frequenta questo angolo di mondo deve sorbirsi per almeno 72 ore. Sì, perché non basta il giorno fatidico: le ostilità si aprono il giorno prima, con velate minacce: domani non scrivete niente di (ipocrita, scemo, volgare).
Poi c’è l’offensiva vera e propria, massiccia, incalzante come l’assalto austro-tedesco in Francia; e poi, quando il giorno successivo si sollevano i fumi del terribile massacro su di una lunare Verdun, partono per almeno un altro intero giorno le recriminazioni, le reprimende tardive, le depressioni di chi odierebbe la mimosa di per se stessa ma poi si scopre molto triste perché nessuno glie l’ha regalata.
Sarebbe bello conoscere quale sarebbe l’impressione del nostro soggetto preferito, l’ipotetico esploratore da un altro pianeta, sul senso di tutto questo. Interrogato a freddo sul quale sia l’argomento della giornata, ce lo figuriamo piuttosto confuso nel tentativo di mettere assieme tutte le informazioni contrastanti che potrebbe doversi trovare a processare.
La relazione che potrebbe redigere, alla fine, reciterebbe probabilmente così: “Le Donne sono la razza dominante del Pianeta Terra. Esse sono più forti, più veloci, più resistenti al dolore e alla fatica, più lateralizzate, più sensibili e più intelligenti dei loro riproduttori, cosiddetti Uomini, che sembrano avere una funzione esclusivamente logistica nel perpetuare la specie; parassitari, sofferenti alla minima ingiuria, dotati di scarsa intelligenza, di un minor spettro visivo ed auditivo, probabilmente sono derivati da qualche curioso animale domestico che per un caso della sorte si è rivelato in grado di portare (senza influire) il patrimonio genetico femminile.
La sudditanza sessuale degli Uomini nei confronti delle Donne è talmente elevata che supera ogni possibile canone estetico, come si evince dalle sbavanti dichiarazioni (sei bellissima, sei stupenda) iscritte sotto i ritratti che esse mettono a disposizione di tutti. In detti ritratti, fanno mostra di organi specializzati sconosciuti agli Uomini, la cui funzione sembra essere di richiamo sessuale ma che al tempo stesso non devono essere oggetto di attenzione. Parallelamente, la razza delle Donne dichiara di essere fatto oggetto continuo di violenza, sfruttamento, sottomissione, crudeltà, sottovalutazione e irrisione da parte di essere evidentemente inferiori come sono appunto gli Uomini, e ci sono molte prove in tal senso. Ne deduco che deve trattarsi di una qualche forma di rappresentazione drammatica su scala planetaria per comprendere la quale dovremmo studiare più a lungo la storia di questo pianeta”. Ok, bene, direbbero allora i Superiori. N’Blixx421, chiederebbero allora all’antropologo: se dovessi descrivere le Donne in due parole, quali potrebbero essere?
Ed egli, dopo qualche secondo di riflessione, direbbe: dolcemente complicate. E sarebbe lanciato nel compostaggio, terminata la sua funzione. L’ironia in tutto ciò consiste nel fatto che a questi interrogativi non sapremmo trovare una risposta neppure noi. Quale forma di stupidità debba essere in azione per fare sì che la metà della razza umana debba essere usata spesso come mera forza riproduttrice o di lavoro a basso apporto intellettuale, non è dato sapere. Carlo Maria Cipolla, nel suo famoso diagramma della Stupidologia, ci infilerebbe cumulativamente nel quadrante “veri stupidi”, ossia, chi danneggia se stesso nel danneggiare gli altri. Questo, sia chiaro, al netto dell’autolesionismo femminile, elevatissimo, che il masochismo di genere, del tutto sconosciuto alle altre razze animali del nostro mondo, è una componente enorme, ineluttabile, schiacciante delle forze che ci impediscono di transumare dignitosamente nel Terzo Millennio. Che ci sia una componente biologica, in ciò, è chiaro; che la cultura sessista femminile, che è poi un riflesso orrendamente distorto e ancor più insidioso di quella parimenti sessista maschile, gioco un ruolo fondamentale in queste vicende, è altrettanto lampante, se non di più ancora.
Che invece si porti avanti questo gioco al massacro tra il silenzio e l’incomprensione dei più è assolutamente criminale, nel senso proprio dei crimini per omissione di intervento. Il quale intervento non passa certamente dalle Quote Rosa, dalle serate di schiaffi sui culi agli spogliarellisti, dalle maledizioni lanciate da donne neanche così sovrappeso alle modelle procaci o all’odio atroce delle attiviste cattoliche nei confronti di quelle che scelgono – o non scelgono, perché ci sono anche situazioni con poca scelta – di abortire. Non passa nemmeno dalla miriade di post sui Social che inneggiano alle straordinarie, meravigliose qualità femminili per un giorno, quello stesso giorno in cui al netto delle parate, delle manifestazioni, dei gagliardetti l’intervento a favore delle donne nel mondo – l’intervento delle stesse donne, nei confronti delle donne – appare sempre scarso, insufficiente, un pelo ipocrita. Lo sciopero dell’8 marzo, con tanto di politici (politiche? Politicie? Come si dirà ormai?) che sostengono che le donne devono astenersi anche dal lavoro domestico e dal fare sesso (perché anche la riproduzione è un lavoro, cit.) riecheggia, ma non è assolutamente all’altezza dell’attività di protesta della Lisistrata di Aristofane, che pure veniva scritta in tempi in cui, benché la forza lavoro da sfruttare fossero gli schiavi, anziché le donne, un simile pensiero doveva apparire davvero tonitruante.
Oggi, la sua bruttissima copia fa solo mugugnare. E senza riecheggiare stancamente gli stessi eterni commenti di sempre, che dev’essere festa della donna tutto l’anno, che bisogna lottare per la parità, che la mamma è mater, magistra e modella di Dior e manichino al tempo stesso, auspichiamo che almeno ogni cento chiacchiere a vuoto si faccia qualcosa di concreto. Tanto per dare un indirizzo di massima: lottare per il diritto a non depilarsi, è poco concreto. Investire cinque, dieci Euro in un progetto di una micro cooperativa di donne in Bangladesh, senza intermediari, senza passaggi di conferenze televisive, lo è.
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