Firenze – Dopo un San Valentino positivo, l’Associazione dei Florovivaisti Italiani nutre poche speranze per il mercato delle mimose nella Festa della Donna. Si stima un -30% sul fatturato complessivo legato al tradizionale business dell’8 marzo, che si attestava l’anno scorso sui 15 milioni di euro. Sul fronte della produzione, l’associazione registra un -35%, causato dalla fioritura precoce per il climate change, con conseguente aumento del prezzo al dettaglio, che non basterà comunque a compensare la riduzione del tradizionale giro d’affari. Sono, infatti, calati drasticamente gli ordinativi della Gdo (-50%) per il brusco cambio delle abitudini di consumo a seguito del Coronavirus.
L’aggravio dei costi per il produttore è determinato dalla precoce maturazione dei rametti con un mese di anticipo –metà gennaio– che ha reso necessarie pratiche di frigoconservazione per consentire al prodotto di arrivare in buono stato nel giorno della festività. Con l’aumento dei prezzi, per un ramoscello semplice si spenderanno in media 5 euro, fino a 8 per quelli di grandi dimensioni. Il costo di un bouquet si stima sui 20 euro, mentre le piante, il cui prezzo va in base alla grandezza del vaso, variano dai 10 euro fino ai 70 euro. “Tuttavia, i prezzi alla produzione, come succede per gli altri prodotti agricoli -sottolinea Aldo Alberto, presidente dell’Associazione Florovivaisti Italiani– resteranno comunque bassi per gli imprenditori, variando dagli 8 ai 10 euro al kg”.
“La produzione di mimose, tipicamente italiana, rappresenta il 5% della produzione floricola –prosegue Alberto- e funge da traino ai commerci della stagione primaverile, oltre a essere una voce di export rilevante, con sbocchi privilegiati verso Est Europa e Russia. La ricaduta della crisi si farà sentire su tutto il settore, perché l’attività del comparto è sempre più legato a celebrazioni e ricorrenze: l’8 marzo e San Valentino valgono da soli il 15% del fatturato complessivo”.
La mimosa è coltivata in Italia su una superficie di quasi 200 ettari di terreno, che fruttano intorno ai 30mila quintali e 150 milioni di steli. Ad oggi, il Ponente ligure (Savona e Imperia) è il maggior produttore di questi fiori con le sue circa 1500 aziende che la coltivano in modo ecocompatibile sui tipici terrazzamenti -la pianta non ha, infatti, bisogno di trattamenti chimici. Le varietà più diffuse sono Floribunda (tutto l’anno, fiore piccolo) e la Gaulois (fiore grande) che è la più rigogliosa e più rilevante commercialmente.