Gli 007 della storia indagano su S.Prospero

Prosegue la ricerca scientifica delle radici delle tradizioni cristiane di casa nostra

Sarebbe il completamento di un ciclo: storico e antropologico. Quello della ricerca scientifica delle radici delle tradizioni cristiane di casa nostra. Un affascinante viaggio a ritroso nel tempo, anche se non a scansioni dovute. Della ricognizione canonica sui resti, veri o presunti, del Patrono di Reggio, il vescovo Prospero, si è cominciato a parlare dopo gli eccezionali risultati ottenuti setacciando minuziosamente le reliquie dei compatroni, Crisante e Daria, giovani martiri di età romana, sepolti vivi nel III° secolo.

Risultati che hanno determinato punti di contatto tra gli strumenti tecnici e la devozione popolare che affonda le radici in millenni fa. Dopo la beata Scopelli, i santi Venerio, Gioconda, il beato Tommaso (di epoche differenti) e i due compatroni appunto, gli appositi uffici diocesani e lo staff di esperti fino ad oggi impegnati nelle delicate operazioni di cui dicevamo, sono già pronti a chiudere il cerchio. E con un pezzo da novanta come il patrono, Prospero appunto, vescovo reggiano del V° secolo, i cui resti (anche in questo caso veri o presunti), giacciono dentro l’altare rinascimentale, poi barocco, dell’omonima basilica fatta erigere in suo onore circa mille anni dopo la sua morte, oltre mezzo millennio fa.

La ricognizione canonica non rappresenta il tentativo oscurantista della Chiesa di riproporre, magari grazie a sedicenti scienziati un po’ compiacenti, il proprio primato nella scala dei riferimenti culturali. Rispolverando (in qualche caso anche letteralmente) un mucchio d’ossa a mo’ di prova inconfutabile della verità della devozione popolare. Ma un mettere in gioco interamente, attraverso rigorosi e precisi procedimenti e analisi di laboratorio, la propria storia e dunque la propria credibilità.

E’ naturale che, nonostante i titoli imprecisi dei giornali, quando i risultati sono compatibili coi dati della tradizione, gli stessi non stiano a testimoniare la santità dei soggetti a cui appartengono i resti mortali. E non ne certificano l’identità; la compatibilità espressa dalle ricerche con la tradizione del martirologio reggiano dei due Compatroni non sta a significare che i due ragazzi in questione siano da adorare né che siano davvero quei Crisante e Daria che ci dice la storia. Ma testimonia però come il mondo della fede e quello della scienza possano dialogare attraverso un linguaggio condivisibile, giocando di volta in volta uno in casa dell’altro. Presto dunque la ricognizione delle ricognizioni (l’ultima su Prospero è di oltre 500 anni fa) e se ne vedranno delle belle.

Anche se, come sempre in questi casi, gli 007 delle reliquie dovranno superare alcuni immancabili ostacoli curiali e numerose difficoltà logistiche, a partire dall’importanza artistica della basilica reggiana. Se è vero che ri-cognizione vuol dire riprendere, o riproporre, o provare di nuovo ad essere (auto)consapevoli

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