
La cartolina più improbabile in questi giorni di attacco islamico-terroristico ai Musei dell’Africa mediterranea e del Medio Oriente (culle della scrittura, della civiltà pre-occidentale e probabilmente della nascita dell’uomo) arriva dai Musei reggiani. Laddove a Palazzo S.Francesco orde di giovani e meno si sono dati appuntamento strusciante e aperitivante per l’iniziativa Moon. Uno spritz tra lapidi romane, una caipirinha tra effigi delle grandi civiltà.
Inconsapevolmente ed innocentemente quelle notti da museo (che di museale nulla hanno avuto, molto di semplicemente socievole) ci dicono della nostra ignavia ridanciana nel guardare senza vedere a quanto sta accadendo per mano di bestie “islamiste” che puntano alla cancellazione della Storia come forma suprema e “sublime” di una sorta di genocidio antropologico. Perché il concetto di salvare dalle sabbie il passato, le rovine dei grandi uomini che furono (in tutte le latitudini del mondo nelle sue eventuali dimensioni parallele), gustare del presente storico e artistico per modellare ciò che vorremmo, è tutto occidentale. Come la democrazia e i diritti dell’individuo.
L’ottocento, quello archeologico, è stato l’ultimo secolo che ha creduto nel progresso amando nel contempo l’antico; come ha scritto recentemente Domenico Quirico: “I Musei dell’Occidente saranno i chiostri di un nuovo, miracoloso archivio del tempo, con l’amarezza di non aver salvato di più”.
Riprendiamo il percorso di Moon dunque ai Civici musei ma organizzando serate durante le quali, in religioso silenzio, si possano fare processioni di consapevolezza e ricerca identitaria sostando davanti alle vestigia del nostro futuro.