5 maggio: dopo 200 anni Napoleone divide l’Europa

Parigi – E’ un grandioso Napoleone nudo immortalato da Antonio Canova come Marte disarmato e pacificatore a fare paradossalmente gli onori di casa all’Apsley House la residenza  londinese del duca di Wellington, il generale inglese che lo sconfisse a Waterloo nel 1815.

La statua, alta tre metri e mezzo,  si erge ai piedi delle scale che portano ai preziosi cimeli donati dalle case regnanti europee grate a Wellington di averle sbarazzate dell’ingombrante corso che aveva messo a ferro e fuoco il continente. A chiedere l’effigie in marmo era stato lo stesso Napoleone durante il Primo Impero cui però non era piaciuta perché avrebbe voluto dare un’immagine di un legislatore piuttosto di quella di un imperator eroico e divinizzato.  Rifiutata da Bonaparte, la statua era stata poi comprata nel 1816 dal governo inglese e donata al suo illustre nemico.

E’  l’immagine del legislatore, del creatore di importanti istituzioni, che in occasione del bicentenario della sua morte  viene valorizzata per cercare di smussare le polemiche che stanno dividendo la Francia stessa sull’opportunità di rendere omaggio a un personaggio sicuramente straordinario nel bene e nel male.  Se da sempre per molti inglesi e tedeschi Napoleone equivale quasi a Hitler, in Francia finora i giudizi erano stati meno monolitici, con una gamma di sentimenti che andava da una ammirazione senza limiti a critiche per il suo ruolo di guerrafondaio e affossatore dei valori della Rivoluzione.

Ora, che è di moda rivedere la storia con occhiali che ignorano ogni contesto, Bonaparte è attaccato oltralpe da mille parti e pochi si arrischiano a lodare le sue formidabili doti di stratega che avevano donato al paese tante vittorie di cui era andato tanto fiero.  Le celebrazioni previste, a parte forse le grandi mostre come quella alla Villette a Parigi e quella che gli dedica la sua città natale Ajaccio,  sono infatti influenzate dalla “cancel culture” che giudica l’imperatore con una lettura contemporanea che non tiene conto, come scrive Le Point , del “suo contributo alla costruzione del paese”.

Insomma non è possibile, almeno ufficialmente, far rimare Napoleone con grandeur.  Neanche però si può ridurre la sua eredità ai soli suoi lati negativi. In Italia, ad esempio, il vento dei valori rivoluzionari portati da Napoleone con il suo Regno d’Italia aveva sicuramente contribuito ad alimentare il desiderio di indipendenza del paese.  Con il suo codice civile, la creazione della banca centrale, dei licei e delle prefetture e dato spazio alla meritocrazia, Napoleone ha anche gettato le basi della Francia moderna.

Codice che ora valgono a Bonaparte l’accusa di essere un  fulgido esempio della misoginia e di avere annullato tutte le conquiste  a favore delle donne della Rivoluzione. Napoleone è stato  “uno dei più grandi misogini” ha dichiarato la sottosegretaria all’uguaglianza tra uomo e donna  Elisabeth Moreno, poco convinta dell’opportunità che il governo ne celebri l’anniversario.

Tra le accuse più roventi, soprattutto da sinistra, vi sono quelle che lo ritengono colpevole di aver ucciso la Rivoluzione, reintroducendo ad esempio privilegi ed operando soprattutto per riportare ordine e stabilità. Ma il torto che più lo danneggia, in questi tempi di “Black lives matter” è quello di aver reintrodotto, con un decreto del 1802, nelle colonie la schiavitù che la Rivoluzione aveva abolito. Un’onta che lo fa accusare di crimini contro l’umanità e sollecitare la rimozione della sua tomba dagli Invalides.

Insomma a duecento anni dalla sua morte in esilio a Santa Elena Napoleone continua a far parlare di sé  e a dividere profondamente tra chi lo ritiene un genio e chi un tiranno le cui ambizioni hanno provocato migliaia di morti.  Forse bisognerà seguire l’esempio di Chateaubriand che ne ammirava il genio e ne aborriva il despotismo.

Foto: Napoleone come Marte pacificatore di Antonio Canova

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