Nel mese di novembre ricorre la giornata internazionale contro la violenza sulle donne istituzionalizzata dall’Assemblea delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999 con la risoluzione 54/134, in virtù di una celebrazione nel 1981 quando,durante un primo incontro femminista latinoamericano e caraibico a Bogotà, in Colombia, fu deciso di commemorare il 25 novembre la Giornata internazionale della violenza contro le donne. E ciò affinchè non cadesse nell’oblio il drammatico ricordo delle sorelle Mirabal,attiviste politiche massacrate per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Un crimine efferato diventato tristemente “simbolico” per modalità e contesto in cui esso si svolse.
Da allora ad oggi è più che palese che la violenza contro le donne è un fenomeno ormai endemico sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali, a tutti i ceti economici e culturali; sono spesso mariti, fidanzati, compagni di vita e padri,ma anche amici, vicini di casa, conoscenti stretti, colleghi di lavoro o di studio. E la violenza contro le donne si può manifestare in molti modi ed essere domestica se esercitata soprattutto nell’ambito familiare o nella cerchia di conoscenti, attraverso minacce, maltrattamenti fisici e psicologici, atti persecutori, stalking, percosse, abusi sessuali, uxoricidi passionali o premeditati.
Oppure psicologica, ma rimane frequentemente nascosta, non riconosciuta o sottostimata ed infine quella economica che consiste nel controllo del denaro da parte del partner, nel divieto per la donna d’intraprendere attività lavorative esterne all’ambiente domestico. A cui si aggiungono atti di controllo e di monitoraggio del comportamento in termini di uso o distribuzione di denaro, con la costante minaccia di negare alla donna risorse economiche. Può avvenire anche attraverso l’esposizione a un debito oppure il divieto ad avere un lavoro e un’entrata finanziaria personale, da amministrare secondo la propria volontà.
Ne parliamo con Valerio de Gioia, giudice penale presso la prima sezione del Tribunale di Roma (specializzata per i reati contro i soggetti vulnerabili – violenza di genere), nonché autore di importanti testi legislativi e normativi.
Giudice de Gioia è di poche settimane fa il primo sì al disegno di legge del governo per il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, con una stretta sulla violazione del divieto di avvicinamento. Da operatore del diritto cosa può dirci in proposito?
“Saluto positivamente il disegno di legge Roccella che è stato votato all’unanimità alla Camera ed ora è al Senato perché ha potenziato tutta la fase di prevenzione e quindi quella delicatissima nella quale occorre che le forze dell’Ordine siano presenti per tutelare le persone che denuncino fatti di reato e ha poi esteso l’operatività delle misure di prevenzione personale come la sorveglianza speciale nei confronti dei soggetti indiziati di questi reati, oltre che l’arresto in flagranza differita”.
E sul fronte della violenza economica?
“La giurisprudenza sta facendo importanti passi avanti, infatti siamo finalmente arrivati al riconoscimento della rilevanza tra le forme di violenza oltre che fisica – psicologica anche economica. E su questo mi lasci sottolineare lo sforzo più che apprezzabile dell’onorevole Martina Semenzato presidente della Commissione Bicamerale d’inchiesta sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere che sta studiando delle misure per consentire alla donna vittima di violenza di essere inserita o reinserita nel mondo del lavoro”.
Può spiegarci meglio?
“L’obiettivo primario dell’onorevole Semenzato è quello di intervenire con misure concrete in modo tale che la donna che denuncia non abbia poi il timore di rimanere senza strumenti o mezzi per poter portare avanti autonomamente la propria esistenza”.
Oggi dunque per contrastare una crescente e variegata violenza contro le donne, lei cosa si augura?
“Ogni tipo di intervento, compreso quello a cui sta lavorando la Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, e finalizzati a dare una garanzia che la denuncia non rimanga lettera morta ma porti ad un intervento immediato da parte dello Stato anche sotto il profilo della tutela successiva oltre che immediata è più che auspicabile”.
Quindi strumenti e mezzi a favore delle donne che denunciano, secondo lei,possono fare la differenza per arginare il triste fenomeno della violenza?
“Solo così possiamo recuperare la fiducia delle donne e far sì che la denuncia venga sporta con la consapevolezza che è il primo passo per uscire da questa fase drammatica della violenza di genere e domestica”.
In foto Martina Semenzato con Valerio de Gioia