34° Vertice Antimafia: il crimine cambia, urgente un salto di qualità

Gruppi mafiosi specializzati grazie alle ultime tecnologie

Sala capitolare di Santo Spirito gremita, atmosfera piena di aspettativa. Comincia così, il 34esimo Vertice Antimafia della Fondazione Caponnetto a Firenze. Che i tempi siano cambiati, si sente anche dalle accresciute misure di Sicurezza: due carabinieri all’entrata della sala con il metal detector, che con gentile fermezza scansionano tutti, proprio tutti quelli che entrano in sala, mentre polizia, carabinieri e Digos presidiano il sagrato. Del resto,ci sono protagonisti d’eccezione, cresciuti con la Fondazione, alcuni che hanno conosciuto anche il giudice Antonino Caponnetto, quello che costruì l’impalcatura del pool che vide tra i suoi membri Falcone, Borsellino, e molti altri. Oggi, nella sala degli agostiniani di Santo Spirito a Firenze, città che vide scorrere nei suoi selciati sangue innocente, parlano Giuseppe Antoci, ora deputato europeo, già presidente del Parco dei Nebrodi, autore di quel Protocollo della legalità, conosciuto anche come Protocollo Antoci, ha scardinato la coddetta “mafia dei pascoli” e Giuseppe Lumia, già presidente della commissione parlamentare antimafia, ex senatore, ma anche Sonia Alfano, figlia del giornalista ucciso dalla mafia, minacciata negli ultimi giorni via social dal figlio di Totò Riina, insieme a tanti altri, dal deputato 5 Stelle Andrea Quartini, alle istituzioni locali, al deputato Francesco Michelotti che porta il saluto della Commissione Antimafia e della sua presidente Chiara Colosimo, alle tante delegazioni che coprono tutta l’Italia.

Dopo i saluti di Padre Pagano, padrone di casa, l’incipit è affidato al presidente della Fondazione, Salvatore Calleri, che va dritto al punto: “Oggi più che mai dobbiamo far fare all’antimafia un salto di qualità, si devono rafforzare le capacità di analisi per affrontare le mafie moderne e quelle che verranno. La nuova lotta all’illegalità passa dal salto quantico, che non è facile ma quanto mai necessario. Rispetto al crimine bisogna stare un passo avanti e non uno indietro”. L’iniziativa – continua Calleri – serve per fare il punto di ciò che serve nella lotta alla mafia” una lotta che deve essere trasversale e “che deve fare il punto nei confronti di una realtà come la mafia che cambia e muta in relazione ai tempi ed alle situazioni. Caponnetto era innovativo e dotato di grande capacita’ organizzativa. La sua lezione – ha concluso Calleri – è ancora oggi estremanente attuale”.

L’attualità chiama subito in campo un tema, ineludibile. La vecchia guerra si dota di armi nuove e lo Stato rischia di trovarsi indietro. Del resto è anche questo il tema del Convegno: la mafia 4.0 chiama l’antimafia4.0. A raccontare a un pubblico attento quale è lo scenario in cui ci si deve muovere, è un giovane esperto informatico della Fondazione. E lo scenario è da brividi.

“I gruppi criminali si sono specializzati – spiega – viviamo in un mondo ibrido, e i gruppi criminali si stanno specializzando sempre di più, sia dentro che fuori internet. Il crimine organizzato è agile. La criminal agility è la capacità di un’organizzazione di riconfigurare velocemente struttura, strategia, processi, competenze , tecnologie e ruoli per cogliere opportunità, modificare modelli di business e profurre valore per i componenti al gruppo”. Un’agilità molto maggiore rispetto alle forze dell’ordine, che naturalmente devono osservare vari regolamenti e norme. “Similmente alle aziende, questi gruppi criminali hanno necessità di comunicare, sia all’interno che all’esterno e non esitano ad utilizzare le ultime tecnologie disponibili al fine di poter eludere il controllo. Hanno iniziato più di dieci anni fa”.

“Le intercettazioni su alcune di queste piattaforme sono possibili, ma con tempistiche diverse se paragonate alle classiche intercettazioni telefoniche“. Si va da sistemi di posizione come telegram, a sistemi costruiti su misura, specie fra le altre sfere, che appaiono come sistemi privati, gesiti in modo autonomo e difficilmente accessibili alle forze dell’ordine. Per le comunicazioni esterne, che servono a reclutare forza lavoro, continua l’esperto, “vengono create vere e proprie campagne di marketing, per promuovere il brand della criminalità organizzata. Che sfruttano piattaforme come i social network sfoggiando una facciata di lusso e benessere per attirare possibili candidati.

Un altro punto è la comunicazione fra diversi aggregati, in cui la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, potendo raggiungere qualsiasi persona in qualsiasi parte del mondo, utilizzando spesso piattaforme difficilmente controllabili.

Ma se questo è vero, dice l’esperto, è anche vero che le forze dell’ordine si attrezzando. “Nel 2020 una task force formata da Francia e Olanda hanno ottenuto l’accesso a una rete di un sistema di messaggistica che sarebbe dovuto essere assolutamente sicuro, con successivo accesso a messaggi scambiati da vari punti”. Ecco alcuni numeri: 6558 sospetti arrestati, inclusi 198 obiettivi di grande valore, 7134 anni di carcere inflitti a criminali condannati fino ad oggi; 734,7 milioni di euro sequestrati. Un’operazione simile, con numeri simili, è stata portata avanti dall’Fbi.

Purtroppo però ci sono vari punti che trattengono l’azione delle forze dell’ordine. Uno per tutti il problema delle cripto valute e degli Nft, per i quali “esistono nel dark web sistemi pensati per il loro riciclaggio, che ne schermano la tracciabilità”. Unico augurio possibile? Che lo Stato comprenda il problema nella sua gravità e investa risorse in competenze, formazione e filiere. Come? Sostanzialmente, dice l’esperto, puntando sull’elemento di fondo, senza cui tutto ciò non è nemmeno pensabile: le persone. Insomma, il salto quantico stavolta è necessario.

in foto: Un momento del Vertice


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