Residenza, dalla legge ai regolamenti il rischio è diventare “invisibili”

Firenze – Un problema giuridico, ma anche di vita. Si sta parlando della questione residenze che, almeno nel comune di Firenze, rischia di mettere a repentaglio sempre più persone che, per casi della vita, problemi economici o scelte di esistenza hanno perso la residenza e non riescono per i paletti rigidi del regolamento comunale ad avere una nuova iscrizione, con tutto ciò che questo comporta.  

La questione, come spiegano le persone che oggi si sono presentate agli uffici dell’anagrafe al Parterre in piazza della Libertà, apparirebbe piuttosto semplice, almeno a livello giuridico. Infatti, per quanto riguarda l’apertura della procedura per potere accedere all’iscrizione come residente, il percorso della vigente normativa statale che regola l’anagrafe della popolazione, legge  24 dicembre 1954, n. 1228 e in particolare il regolamento anagrafico emanato con D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, prevede (art.13, c.2) che il cittadino, una volta che intervengano modifiche nel suo stato di residenza, ha obbligo di dichiararle entro venti giorni all’ufficiale di anagrafe.

Quando il cittadino si presenta all’ufficiale di Anagrafe per ottemperare a quest’obbligo normativo , l’ufficiale di anagrafe  ha l’obbligo di legge di registrare queste dichiarazioni su modelli predisposti dal ministero dell’interno, farli sottoscrivere dal dichiarante e rilasciare la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi della L.241/90 (art.13, c.3).

A questo punto, scattano i dovuti e doverosi controlli su quanto dichiarato nella domanda.  Anche qui, la legge prevede tempi certi: 45 giorni entro cui deve essere reso noto al cittadino l’esito.  Se questo non avviene, vale la regola del silenzio assenso. Se entro i 45 giorni previsti dalla legge l’amministrazione dà risposta negativa, il cittadino ha la possibilità di fare ricorso davanti a un giudice avverso la decisione degli uffici.

Come si vede, la trafila ha una serie di tempi che tutelano il richiedente: intanto, la certezza della risposta entro un mese e mezzo (che consente il tempestivo ricorso del cittadino, se lo ritiene) e poi la regola del silenzio assenso, che permette comunque al cittadino di avere in ogni caso una risposta. Da sottolineare il fatto che, come spiegano i rappresentanti dei Cobas che hanno accompagnato, con esponenti del Movimento di Lotta per la Casa, stamane i cittadini allo sportello, nella legge nazionale che regola le procedure sul tema, non ci sono differenze fra cittadini, nel senso che non ci sono diversità di regole fra chi richiede la richiesta di residenza o di modifica: anche se si tratta di un senza fissa dimora, di un cancellato, di un cittadino che proviene da un’altra città, la procedura è la stessa.

Allora, dove si fonda il problema? Il problema è rappresentato da un’altra legalità, vale a dire le procedure adottate dal Comune di Firenze per regolare le residenze per i senza fissa dimora. A differenza della normativa nazionale che non differenzia la procedura per i senza fissa dimora rispetto a chi ha una stabile residenza, il comune di Firenze ha istituito modalità particolari per i senza fissa dimora, predisponendo uno specifico sportello  al quale si accede solo su appuntamento, subordinando la tempistica delle dichiarazioni alla data di prenotazione, che supera anche di diversi mesi quella dei venti giorni prevista dalla normativa nazionale. Spesso si verifica che se la documentazione presentata dal richiedente è ritenuta dall’operatore non conforme a quanto previsto dal regolamento comunale, la stessa non viene accettata, privando in assenza di avvio del procedimento anche della possibilità per il cittadino di presentare ricorso all’autorità giudiziaria.

 Naturalmente non ci sono responsabilità da parte degli operatori, che seguono le regole amministrative, ma il problema è che così facendo si rischia da un lato di fare una valutazione ex-ante (dichiarando irricevibile l’atto) dall’altro di trascinare situazioni nel tempo con il grosso rischio di negare tutti quei diritti costituzionalmente garantiti, ma subordinati al possesso della residenza  a decine persone che rimangono così senza assistenza sanitaria, contributo affitto, buoni scuola per i figli, o anche reddito di cittadinanza: insomma, rientrano nel grande e mai rilevato numero degli “invisibili”.  

Se la questione è “vecchia” (https://www.stamptoscana.it/residenze-1188-cancellati-nel-2017-nei-primi-sei-mesi-del-2018-sono-756/), è anche vero, come ricorda il consigliere di Spc Dmitrij Palagi che stamattina ha seguito gli eventi, che nello scorcio dell’ultima legislatura qualche punto era stato raggiunto. Infatti, sulla questione esiste un atto di indirizzo,  approvato il 26 marzo 2019  dalle tre commissioni consiliari di Palazzo Vecchio competenti su diritti, anagrafe e servizi sociali,  che mette il punto su alcuni nodi. Oltre a chiedere la revisione del sistema per i senza fissa dimora e la soluzione del problema della residenza nelle occupazioni, chiedeva anche agli uffici comunali di attenersi nella gestione delle residenze e del servizio anagrafe alle circolari dell’ISTAT e all’orientamento delle sentenze più recenti, fra cui il rilascio immediato alla richiesta di cambio o iscrizione. “Sembra che stiamo facendo passi indietro rispetto ai risultati della legislatura scorsa – commenta Palagi – anche se reputo positivo l’incontro del prossimo martedì con il dirigente del settore anagrafe del Comune”. L’appuntamento è stato fissato per martedì prossimo a Palazzo Vecchio, e oltre al direttore dell’anagrafe e Palagi, vedrà la presenza di esponenti dei Cobas e del Movimento di Lotta per la Casa.

Anche perché, tornando dai problemi giuridici alla “vita vera”, i paradossi sono evidenti: ad esempio, esiste il caso di una signora che è stata dichiarata irreperibile nel corso del 2019 ma risulta invece registrata nel censimento fatto lo  scorso mese presso l’immobile in cui vive da circa 10 anni Dunque, per il censimento la signora lì abita e lì è reperibile, ma non per l’ufficio anagrafe.

Nello stesso tempo per presentare  la sua dichiarazione per la reiscrizione  dovrà aspettare febbraio 2020 perché tale è la data avuta per l’appuntamento allo 055055 e non è scontato che la sua  dichiarazione venga accettata. Non sono solo questioni di principio, questo significa che la signora almeno fino fino a febbraio 2020 non avrà assistenza sanitaria, se ci saranno nuove elezioni non potrà votare, non potrà rinnovare le pratiche per il reddito di cittadinanza …… insomma, dovrà vivere fino a quella data in una sorta di limbo. Ma  nello stesso limbo non andranno i tanti problemi di vita quotidiana, che invece saranno ingigantiti dalla perdita della residenza.

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