Appena sopite le polemiche per il rinvio per saldi della prima domenica ecologica del 2018, è già tempo di bilanci di quanto accaduto nel 2017. Arpae ha pubblicato il report di quanto registrato nell’anno appena concluso, e c’è un dato preoccupante che riguarda, al solito, le famigerate polveri sottili Pm10. Nel 2017 in oltre la metà delle stazioni utilizzate per rilevare l’inquinamento (27 su 43) si è superato per più di 35 giorni – limite stabilito per legge – il valore massimo di pm10 consentito, ovvero 50 50 µg/m3. Tenuto conto che la media annua di Pm10 è stata entro i limiti di legge (40 µg/m3 di media) in tutte e 43 le stazioni presenti in Emilia-Romagna. Positive anche le rilevazioni su biossido di zolfo, benzene, monossido di carbonio (tutte entro i limiti di legge), e biossido di azoto (media annua eccessiva in 2 stazioni sulle 47 esistenti).
Altalenante, negli anni recenti, il numero di stazioni “fuorilegge” per le Pm10: nel 2017 sono state 27 quelle che hanno contato più di 35 sforamenti (la media regionale è stata di 46); furono solo 8 nel 2016, e 23 nel 2015, e ancora 8 nel 2014. Il dato delle 46 giornate fuorilegge è però molto più alto di quello relativo agli anni recenti: dal 2013 al 2016 gli sforamenti su base annua furono entro i limiti di legge (rispettivamente 26, 23, 32, 23). Occorre tornare indietro al 2012 (47) per avere un valore simile a quello del 2017.
Restando sulle soglie di Pm10, il maggior numero di superamenti sono stati registrati nelle stazioni di Piacenza/Giordani Farnese, Reggio Emilia/Timavo e Modena/Giardini (83), seguite da Parma/Montebello (74), Colorno/Saragat (Pr) e Parma/Cittadella (69), precisa il report di Arpae. A livello provinciale, la soglia dei 35 superamenti è stata raggiunta a Piacenza in 2 stazioni su 4, Parma (3 su 4), Reggio Emilia (4 su 5), Modena (6 su 6), Bologna (3 su 7), Ferrara (4 su 4), Ravenna (2 su 4), Forlì-Cesena (1 su 5), Rimini (2 su 4).
Anche il 2017, quindi, è stato un anno negativo per polveri e ozono. Le condizioni meteorologiche sono state particolarmente sfavorevoli alla qualità dell’aria, spiega Arpae. Sia nella prima parte dell’anno (gennaio e febbraio), sia nella stagione autunnale (ottobre e novembre), si sono verificati lunghi periodi con condizioni di alta pressione, assenza di precipitazioni e scarsa ventilazione. Questo ha determinato un numero particolarmente elevato di giornate con condizioni favorevoli all’accumulo degli inquinanti, con valori simili a quello registrati nel 2015 e tra i più alti della serie storica.
L’anno era iniziato piuttosto male, poiché negli ultimi giorni di gennaio 2017 la pianura padana fu interessata da un episodio di inquinamento eccezionalmente intenso, con valori di PM10 prossimi a 250 µg/m3 nelle stazioni urbane e fino a 175 µg/m3 in quelle di fondo rurale. L’episodio è stato dovuto alla concomitanza di una serie di fattori meteorologici, e ha fatto sì che in diverse stazioni siano stati superati i valori massimi della serie storica. La scarsità di piogge nella stagione estiva, unita alle temperature particolarmente elevate che tutti ricordiamo, ha fatto sì che il numero di giorni favorevoli alla formazione di ozono sia stato tra i più alti dal 2003 e in linea con quello registrato nel 2012, nel quale 28 stazioni superarono la soglia per la protezione della salute.
Ma da dove arriva l’inquinamento che subiamo quotidianamente? Secondo gli esperti dell’Agenzia regionale per l’ambiente gli ossidi d’azoto, che costituiscono anche un’importante precursore dell’ozono, sono emessi principalmente dal traffico (56% del totale; di questo contributo, circa il 70% è dovuto a motori diesel). Una quota trascurabile (0.5%) è dovuta all’incenerimento di rifiuti. L’ammoniaca è emessa quasi esclusivamente (98%) dalle pratiche agricole e di zootecnia; i composti organici volatili (COV) provengono da tutte le attività, industriali e non, che producono o fanno uso di solventi e, per la parte naturale, da agricoltura e foreste. Inoltre per quel che riguarda la parte primaria delle polveri (ovvero quelle che vengono emesse direttamente), le principali fonti emissive risultano il riscaldamento domestico che usa biomassa come combustibile, seguito dal trasporto su strada.