D’accordo non si può essere tutti uguali e le differenziazioni ben vengano. Qui però siamo ai confini dell’autoisolamento geopolitico: sarà forse l’effetto Silk Faw, ovvero l’imminente cinesizzazione delle campagna di Gavassa con la creazione su scala mondiale del super-bolide per rarissimi mega-capitalisti dall’evocativo nome “Bandiera rossa”, fatto sta che mentre il mondo si divide, chi commemorando, chi anche plaudendo (sì esistono anche questi) l’attentato a New York dell’11 settembre 2001 (il più grave e grande atto terroristico mai avvenuto che sta imponendo un complesso ed in rapida evoluzione aggiornamento dei libri di storia), Reggio ha deciso di fare memoria…del centenario del comunismo.
Scorrendo i momenti salienti della (ri)evocazione reggiana ed i nomi, tanti ed autorevolissimi per carità, non parrebbe propriamente un’occasione voluta per visionare dall’interno con cipiglio critico semmai questo secolo in cui il comunismo ed i suoi epigoni sono rimasti fino all’ultimo istante possibile (vittime moscovite) all’ombra di un filosovietismo più o meno esplicito e sotto l’egida mitica della Rivoluzione d’ottobre (“nessun nemico a sinistra” come ebbero ad inaugurare questo triste filone Camillo Prampolini ed i suoi socialisti poi via via in discesa), con serio ed evidente rirado di qualsiasi tentativo di modernizzazione e della sinistra e del Paese. Ma sicuramente ci sbagliamo e magari sarà un’occasione per rileggere autorevolmente pagine di storia italiana anche recente e capire meglio quanto sta avvenendo nel resto del pianeta. Magari.
Per riflettere sull’11 settembre 2001 invece attendiamo il corrispettivo mese del 2022.