Il Tour parte da Firenze: i sette italiani protagonisti della corsa leggendaria

Da Bottecchia a Nibali passando per Coppi e Bartali. I miti tornano a casa

Fin dall’anno della sua nascita (1903), il Tour de France appartiene in modo speciale alla leggenda del ciclismo. E’ chiamato anche La Grande Boucle (il grande ricciolo) perché, tradizionalmente, percorre i lati dell’ exagone, ha sui Pirenei e sulle Alpi le tappe-chiave e  si conclude a Parigi sugli Champs Elysées (fino al 1967 allo stadio del Parc des Princes).

Quest’ anno, per la prima volta il Tour parte dell’Italia, da Firenze: il 29 giugno Le Grand départ  percorre luoghi simbolo come Le Cascine, i Lungarni,  Piazza Duomo, Piazza della Signoria, Piazza Pitti, Piazzale Michelangelo, poi la corsa effettiva inizia all’altezza del Viola Park, attraversa Pontassieve percorre la Tosco Romagnola, sale sull’Appennino Tosco Romagnolo con i suoi paesaggi mozzafiato, supera il Passo del Muraglione e la prima tappa si conclude a  Rimini.

L’evento dà l’occasione per ricordare gli italiani che hanno vinto il Tour compirono in Francia imprese memorabili. 

Anzitutto Ottavio Bottecchia che nel 1924 indossa la maglia gialla dalla prima all’ultima tappa (nessuno fino ad allora vi era riuscito) e vince  anche il Tour del 1925 con oltre un’ora di distacco dal secondo. Al Tour si era già distinto nel 1923  arrivando secondo dopo essere stato in maglia gialla per sei tappe. Divenne un emblema del ciclismo in Italia e molto popolare anche in Francia. Se non fosse sopravvenuta una prematura e tragica morte avrebbe certamente continuato a mietere successi.

Sarebbero occorsi altri 13 anni per vedere nuovamente sul podio un italiano, Gino Bartali.  Nel 1937 il campione fiorentino era in maglia gialla quando una caduta lo aveva costretto a ritirarsi. Nel 1938 si prepara per la Grande Boucle  con particolare cura. Arrivato alle Alpi attacca con decisione e sull’Izoard, in una zona impervia, priva di vegetazione, definita un paesaggio “lunare”, conquista la maglia gialla, la mantiene per undici tappe  e la porta  fino a  Parigi.

Ripete l’impresa dieci anni dopo con un successo che diviene leggendario anche per i riflessi extrasportivi. E’ il 15 luglio 1948. All’inizio delle tappe alpine Bartali è attardato di ben 21 minuti rispetto al campione francese Louison Bobet e ormai sembra avere poche chanches.

Ma ancora una volta sul Col de l’Izoard, (che anche grazie a lui diviene una montagna cult del ciclismo) sferra un attacco formidabile e arriva al traguardo con 20 minuti di vantaggio su Bobet. Il giorno dopo, nuova vittoria. Indossa la maglia gialla fino al trionfo al Parc des Princes.

L’impresa sull’ Izoard diviene celebre anche perché riconcilia gli italiani in un momento drammatico. Il giorno prima, il Segretario del PCI Palmiro Togliatti aveva subito un attentato ed era gravi condizioni. Erano ancora vive le tensioni dello scontro elettorale del 18 aprile e non appena si sa dell’attentato a Togliatti c’è subito una mobilitazione spontanea con scioperi e manifestazioni. L’Italia piomba in un clima da guerra civile.

Ma quando la radio annuncia la grande vittoria di Bartali, quel momento di generale esultanza che serve a smorzare una tensione. Si guadagna così il tempo necessario perché poco dopo Togliatti, che ha superato l’operazione per estrarre il proiettile, esorta il popolo comunista a stare calmo,a non perdere la testa. E l’atmosfera si rasserena.

Ma questa vittoria ha un riflesso extrasportivo anche Oltralpe. E’ un momento in cui in Francia prevale un sentimento antitaliano a seguito della famosa “pugnalata alla schiena” inferta da Mussolini nel 1940. Ma Bartali (che quando aveva vinto nel 1938 si era rifiutato di fare il saluto romano) diviene popolare tra i francesi, dominando le tappe alpine su montagne come il Vars e l’’Izoard (2361 alt.) Galibier (2642) la Croix de fer (2067), luoghi simbolo del ciclismo tuttora impressi nell’ immaginario collettivo.

L’anno dopo un altro italiano sul podio più alto del Tour. E’ Fausto Coppi, campione già noto perché aveva vinto tre Giri d’Italia. Ma il Tour sembra iniziato male per lui: dopo una caduta, in ritardo di oltre mezz’ora, medita di ritirarsi. Per fortuna non lo fa e la sua rimonta è clamorosa. Vince a cronometro a La Rochelle poi, sui Pirenei, guadagna altri minuti preziosi .

La corsa si decide ancora una volta sulle Alpi. Bartali, che era in maglia gialla, cade a seguito di una foratura. Coppi intende aspettarlo (allora si gareggiava per squadre nazionali) ma il C.T. gli impone di proseguire. Vince con distacco e conquista la maglia gialla . E’ il primo ciclista in assoluto ad aggiudicarsi nello stesso anno sia Giro che Tour.

Ripete  la sensazionale impresa nel 1952. Dopo aver vinto il suo quarto Giro con una lunga fuga sul Falzarego e sul Pordoi torna sulle strade di Francia. Sulle Alpi indossa la maglia gialla con un vantaggio minimo. Ma nel “tappone” che si conclude  al Sestrière  prende il largo  sul col du Galibier e guadagna 9 minuti.  Arriverà   a Parigi con un vantaggio di oltre 28 minuti sul secondo in classifica.

Proprio nel Tour del 1952, sul Galibier, viene scattata la celebre foto con Coppi e Bartali che si passano una borraccia.  Una trentina di anni fa, parlando con Bartali, l’argomento cadde sulla borraccia. Il grande Gino con la sua nota incisività mi spiegò che non era affatto importante sapere chi dei due l’avesse passata all’altro. perché questi episodi erano consueti fra loro. A testimonianza che lo sport è competizione ma anche solidarietà.

 Fu epica anche l’impresa di Gastone Nencini “Il leone del Mugello” un altro campione di grande spessore sportivo e umano. Il recente libro scritto dal figlio Giovanni (Sulla cresta dell’ondaGastone Nencini e quel 1960 (Edizioni Sarnus 2020) si avvale di una chiave narrativa coinvolgente: un dialogo immaginario fra un giovane giornalista e un anziano cronista, che aveva seguito quella corsa come inviato. Gli incontri si tengono dalle parti del Mont Ventoux luogo-simbolo delle grandi tappe alpine. Il racconto ripercorre tappa per tappa quel Tour del 1960 ricco di colpi di scena. Nencini, un italiano subito entrato nel cuore dei francesi conquista la maglia gialla nella prima tappa a Bruxelles (una memorabile soddisfazione per i minatori italiani emigrati in Belgio) poi la perde ma la riconquista di forza sui Pirenei con una fuga leggendaria.

Rivière, l’astro nascente del ciclismo francese (grande pistard, detentore del record dell’ora) è l’avversario principale del campione toscano e lo tallona sapendo che avrebbe potuto batterlo nella volata finale.

Ma quando si arriva alla tappa delle tre terribili salitei,  il Tourmalet, l’Aspin e il Pereysourde, si susseguono i colpi di scena. La cima dell’Aspin è immersa in una coltre di nebbia. Rivière stringe i denti, riesce a rimanere nel gruppetto dei primi ma sull’ultimo colle Nencini attacca e nella discesa aumenta il vantaggio. “Scende come solo lui sa fare- scrive il figlio Giovanni-  le traiettorie sembrano disegnate da una mano invisibile, una mano d’artista”.

Dai Pirenei alle Alpi nuove emozioni ma la maglia gialla è saldamente sulle spalle dell’italiano. Poi l’evento drammatico della rovinosa caduta di Rivière.

Infine, a Parigi, l’apoteosi del Parc des Princes, l’ Olimpo del ciclismo. Il Tour del 1960 è rievocato con l’agilità di una cronaca dal vivo. L’autore che ho intervistato in occasione dell’uscita del libro ha spiegato che la scelta di ripercorrere quell’evento in forma di dialogo  è nata perché l’io narrante lo coinvolgeva troppo emotivamente mentre il dialogo gli ha consentito un maggiore distacco narrativo.

Dopo quattro anni dominati dal re del cronometro, il francese Jacques Anquetil, un altro italiano arriva in giallo al Parc des Princes nel 1965.  Anche questa un’ impresa memorabile perché Felice Gimondi, passato da poco tra i professionisti non ha ancora al suo attivo grandi vittorie. Quindi giunge al Tour in posizione di gregario ma già alla terza tappa indossa la maglia gialla. La perde ma poi la riconquista nell’undicesima tappa a Bagnères-de-Bigorre. Conserva il primato sulle montagne e nelle cronometro in un titanico duello con il campione francese Raymond Poulidor che era considerato il grande favorito.

Passano  ben 33 anni. E  nel 1998, è Marco Pantani a trionfare con una splendida  impresa.  L’inizio non era stato promettente. Nella prima settimana il favorito Jan Ullrich, si era avvantaggiato di circa 5 minuti. Con il passare dei giorni, però, Pantani ritrova la migliore forma  e sui Pirenei recupera  terreno. Ma il colpo decisivo lo sferra sulle Alpi. Sul mitico Galibier inizia una lunga fuga e vince a Grenoble con largo distacco. Poi resiste ai tentativi di rimonta di Ulrich e arriva in maglia gialla a Parigi realizzando l’’ambita doppietta Giro-Tour

Ancora 16 anni e nel  2014  Vincenzo Nibali  si  aggiudica la vittoria. Ancora una volta in modo memorabile. Conquista la maglia gialla già nella seconda tappa, la perde nell’ottava ma per un solo giorno. Nella nona tappa, infatti, trionfa sui Vosgi nell’ arduo arrivo in salita  a La Planche des Belles Filles(circa 500 metri di dislivello in 6 km con una pendenza nello strappo finale del 28% !).  Poi consolida il primato sulle Alpi, nei Pirenei sul leggendario col du Tourmalet  e nella cronometro finale.

Sette italiani e in totale dieci vittorie. Come abbiamo visto, tutte imprese memorabili che hanno contribuito in modo notevole al mito della Grande Boucle. E proprio a questi campioni rendono omaggio le tappe italiane del Tour.

Ma dovremmo aggiungerne un ottavo perché il primo vincitore del Tour nel 1903 è stato Maurice Garin , cittadino francese ma di origini italiane essendo nato ad Arvier, in Val d’Aosta. In Francia, dove era emigrato con la famiglia ed ha vissuto gran parte della sua vita fu molto popolare e il suo soprannome era “petit ramoneur”, perché prima di divenire un campione faceva lo spazzacamino. Già nel 1897 e nel 1898 era divenuto famoso vincendo due edizioni della Parigi-Roubaix.

Intanto, a Firenze cresce l’attesa del Tour. Tra i numerosi eventi ricordiamo alcune iniziative del teatro della Pergola, tre appuntamenti a ingresso libero

Il docufilm, il 25 giugno, su Ottavio Bottecchia, il primo italiano a vincere il Tour cento anni fa: Ottavio Bottecchia, el furlan de fero di Franco Bortuzzo  (prodotto da Raisport, con la co-produzione della Cineteca del Friuli, montaggio Luca Zanoli voce narrante Francesco Pancani).  Ore 21, nel Saloncino ‘Paolo Poli’.

Lo spettacolo, il 27 giugno, su Gino Bartali e su Louison Bobet, sempre al Tour: Bartali vs Bobet di Lisa Capaccioli. ore 21, sempre nel Saloncino ‘Paolo Poli’.

Il 28 giugno ore 19, in Piazza dei Ciompi,  per La Pergola in Piazza  Il reading su Bottecchia.  Orlando non fa suonare il corno: mito e leggenda di Ottavio Bottecchia di Riccardo Ventrella.

In alto: la celebre foto con Coppi e Bartali che si passano una borraccia

Total
0
Condivisioni
Prec.
Assange non proprio come Socrate: patteggia ed è libero

Assange non proprio come Socrate: patteggia ed è libero

Il cittadino onorario di Reggio Emilia, Assange, è tornato un uomo libero dopo

Succ.
“Le leggi fascistissime” alla Fondazione Modigliani

“Le leggi fascistissime” alla Fondazione Modigliani

Presenti la vicepresidente del Senato, il direttore di Mondoperaio e Valdo Spini

You May Also Like
Total
0
Condividi